Attraverso un racconto
biografico vero cercando di afferrare il senso di parole
come giardino, natura, un documentario, uno
straordinario libro di Salvator Gotta e la creatività di
un gruppetto di giovani.
Allora non si parlava di cambiamenti
climatici, ma di uomini, di significati che avvolgevano
la terra provata da guerre e calamità. Foreste e oceani
avevano il loro compito di equilibrare l’inquinamento,
la popolazione mondiale non superava il miliardo di
anime, oggi ci avviamo a dieci miliardi, che sporcano da
per tutto, specialmente in Asia. La climatologia non
faceva rima con meteorologia, l’uomo era più consapevole
e non era ideologizzato come oggi dove il cambiamento
climatico è diventato il business di stati e scienziati.
Tanti anni fa lessi (dopo Il Piccolo
alpino), il Piccolo giardiniere scritto nel 1946 da
Salvator Gotta che viveva a Portofino. Il libro o il
messaggio (che ogni libro che merita emana da sé) mi
colpì, bambino, la fantasia tanto che non riuscii a
dimenticarlo. Infatti, anni dopo, la storia di questo
piccolo giardiniere (il cui significato bisogna capirlo
nel lessico e nell’etimologia), mi venne in mente di
farne un film, un documentario, sfruttando un giardino
che era stato considerato un picolo paradiso terrestre e
un bambino che riassumeva le sembianze della gente. Era
il 1963, fino al 1954 io ero di casa a Santa Margherita
e Portofino, andai a trovare Salvator Gotta e gli
proposi la mia idea, il mio progetto: il piccolo
giardiniere era per me il mondo che rappresenta
l’umanità, la villa, il Conventino sulla collina tra
Santa e Paraggi, un piccolo paradiso terrestre con una
infinità di vegetazione, Gotta non perse tempo,
conosceva la villa, era amico dei proprietari, durante
la guerra si era rifugiato tra quei muri protettivi;
chiamò la nipote, Roberta Ninchi (della famiglia di
attori), io preparai insieme a mia sorella Diana e a un
futuro giornalista de Il Secolo XIX, Maurizio Cavagnaro,
la sceneggiatura e “asssunsi” il piccolo giardiniere,
Joselito figlio dei proprietari di un ristorante di
Santa. Dimenticavo, ero in possesso, causa una dolorosa
eredità, di una potente cinepresa da 16 mm, di moviola,
esposimetro, cavalletto, e di attrezzi occorrenti per
lavorare quasi professionalmente, mi feci impartire da
un esperto quache lezione di riprese cinematografiche.
Il 16 mm era una macchina a metà strada tra l’8 mm e il
35 mm da sala cinematografica, non era un giocattolo.
Ma la filosofia qual era? Che messaggio
volevamo mandare, Gotta, Roberta e Josi se non quello
che la ragazza non potè entrare nel celebre giardino,
che raffigurava l’umanità, la natura. Roberta
amareggiata si accovaccia sugli scalini attorno alla
villa e poi suona al cancello istoriato senza successo,
legge il libro e immagina ...
Per non esagerare nel dettaglio riporto
alcuni passi dell'introduzione del libro che riasssumono
anche la nostra filosofia di vita ieri come oggi come si
affaccia il domani. “
Salvator Gotta fa in modo, gli scrittori
dialogano con i fantasmi, che Roberta entri nel giardino
e le dice...”siediti qui, ti dirò due cose sul giardino
che poche persone sanno.
Il giardino ci insegna che abbandonato a
se stesso diventerebbe facile preda della foresta, e il
bel mondo gentile che vi abbiamo creato tornerebbe
nell’oscurantismo. L’arte di governare un giardino
dimostra che la natura deve essere dominata.”
La natura non è la vita
E’ la vita di qualche specie brutale, e
la morte e la servitù delle altre. L’arte del
giardiniere consiste nel proteggere le specie più belle,
che sono anche le più delicate, aiutare i deboli, dare
un posto a ciascuno, frenare gli audaci, sostituire alle
forze cieche un saggio equilibrio. Il saggio giardiniere
corregge il principio di autorità col principio di
persuasione ed è così che un giardino può vivere sotto
il cielo, cercando ed esprimendo ogni giorno il senso
della giustizia, della pace e dell’armonia.... “
Il nostro lavoro di cineasti durò circa
una settimana nella villa, e un mese alla moviola dove
tagliammo la “pizza” senza pietà. Per completare l’opera
andammo a Milano in uno studio dove registrammo un
sottofondo musicale ottico, musica classica, con una
voce fuori campo che racconta la storia. Il documentario
fu poi proiettato in occasione di eventi a Genova,
Rapallo, e altre cittadine rivierasche oltre che a
Milano.
Il 14 novembre 1987 il Rotary Club Genova
Est al Teatrino di Portofino proiettò nuovamente il documentario, un
evento unico per il centenario della nascita di Salvator
Gotta con il figlio, editori, scrittori e un pubblico da
grandi occasioni.
Decio Lucano
(si prega di citare la fonte)
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